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Trento, 19 maggio 2010
Il referendum: Acqua di tutti, raccogliamo le firme
di Lucia Coppola, consigliere comunale Verde al Comune di Trento
da l’Adige di mercoledì 19 maggio 2010

Prosegue a tamburo battente la raccolta delle firme per indire il referendum che intende sancire una gestione pubblica dell’acqua, migliorarne il servizio, precisarne il valore e il significato di bene comune, irrinunciabile patrimonio necessario alla vita dell’umanità. Siamo già oltre le quattrocentomila firme raccolte e le code di persone che si fermano ai gazebo per firmare la dice lunga sul sentimento collettivo che anima questa importante iniziativa.

Sono donne, tante, a firmare: a loro spetta in prima persona la conduzione anche economica della casa, il pagamento delle bollette che sono sempre più alte e sempre meno adeguate alle entrate delle famiglie. A loro, istintivamente, corre il pensiero del primo accudimento dei propri cari, e di come l’acqua rappresenti l’archetipo di tutte le necessità primarie, una sorta di diritto alla vita.

Ma sono anche uomini, che mentre firmano si informano sui quesiti e chiedono: «Quale sarà il prossimo referendum? Quello sull’aria che respiriamo?». «Probabile...», rispondo, senza alzare gli occhi dal foglio, perché la gente accorre numerosa, si ferma a parlare, cerca conforto e conferme. Il futuro fa paura se non c’è più neppure la certezza su quanto di più scontato e di più naturale esiste nel nostro immaginario: l’acqua che arriva dal rubinetto nelle nostre case, che non è un lusso ma una necessità, che appartiene a tutti perché è un bene del Creato; l’acqua che bagna la terra, che culla e conforta, che calma i pensieri, che lava, purifica, scorre e ristagna: regalandoci azzurro e trasparenza, nobilitando non solo i paesaggi fisici ma anche quelli dell’anima.

E ci sono i giovani, tanti, che arrivano a firmare in compagnia e si sentono coinvolti in prima persona in questo esercizio di democrazia per difendere un diritto inalienabile, anche se la propaganda avversa tende a minimizzare: in fondo che problema c’è, il federalismo demaniale tra un po’ consentirà di vendere o alienare, per far cassa, quanto di bello cultura e natura hanno prodotto nel nostro paese. E anche l’aria, che forse non si venderà come ironicamente in molti prospettano, carica di particelle inquinanti e di C02, in fondo, è già di qualcun altro. Come siamo arrivati sin qui?

A questo referendum ci hanno condotto le ragioni sociali dell’acqua contro le politiche della privatizzazione. La volontà di dominare in modo esclusivo un bene che per sua intima definizione sfugge al fatto di diventare un’appropriazione privata. Perché, come ha detto qualcuno, l’acqua può essere utilizzata ma non posseduta. È un elemento che scorre e sfugge e che, storicamente, non ha avuto solo una funzione utilitaristica, legata all’approvvigionamento e al consumo: è stata usata per far funzionare mulini, macchine idrauliche, è stata contesa da sempre da chi la utilizza a monte o a valle. Come avviene in Palestina, tra gli insediamenti israeliani che la intercettano, al di sopra dei villaggi palestinesi e, in fondo a tutti, ultimi degli ultimi, i popoli nomadi ai quali arrivano, quando arrivano, gli scarti degli scarti.

E ancora, l’acqua come confine naturale, come difesa e come ponte, con l’altra sponda da raggiungere; l’acqua da navigare per trasportare merci e persone, l’acqua che unisce e favorisce gli scambi di culture e i mercati. E mentre raccogliamo le firme, mentre firmiamo, non dimentichiamo la sete del mondo, con l’Africa in testa. Nonostante l’Onu dichiari da sempre l’acqua come un diritto umano, la drammaticità della sua mancanza in tanta parte del mondo è una spina nel fianco dell’umanità tutta. Per contro, l’America è in testa alle classifiche per il consumo: 2.483 metri cubi annui a testa, con l’Europa che la segue da vicino.

Riguardo a quanto sta avvenendo nel nostro paese, a causa della legge Ronchi, è innegabile che non si può che opporsi a chi vuole strappare tariffe superiori al dovuto su un bene che non è voluttuario e deve rispondere a logiche di servizio.

Questa legge, unica in Europa, sancisce il potere dell’acqua obbligando a privatizzare il servizio pubblico che pure è attualmente funzionante e remunerativo. Anche in presenza di amministrazioni virtuose, come in Toscana, dove, in val di Taro, una fabbrica di acque minerali intercettando la sorgente lascia spesso a secco i tubi dell’acqua pubblica. O nel Mugello, dove un’azienda che imbottiglia acqua minerale ha fatto spostare il tragitto della Tav: la conseguenza è stata che gli scavi in profondità hanno colpito pozzi, fiumi e torrenti.

Paolo Rumiz, in un articolo su «La Repubblica», stigmatizzava questo e altri casi: quello di Salò, per esempio, dove gli abitanti sono costretti a bere l’acqua clorizzata del lago di Garda, dove confluiscono anche scarichi, nonostante abbiano, alle porte della città, una sorgente che però confluisce in milioni di litri verso la Fonte Tavina, acqua minerale privata. Il referendum «L’acqua non si vende», invita tutti gli enti locali a dichiarare il servizio idrico «privo di interesse economico», perché l’acqua non è una merce qualsiasi che ha per fine quello di fare utili, aumentando i prezzi e risparmiando sugli investimenti. Ciò avverrà se si consegnerà nelle mani dei privati senza imporre loro nessuna regola.

Non si può svendere un diritto che sta alla base dello sviluppo di un territorio. È necessario che tutti partecipino a questa doverosa riappropriazione: andiamo a firmare per il referendum e poi sosteniamolo con il nostro voto.

Lucia Coppola
Consigliere delegato del Comune di Trento per l’utilizzo delle fonti di energia non rinnovabili

 

      Lucia Coppola

LUCIA COPPOLA

BIOGRAFIA
E CONTATTI


  

vedi anche:

i 4 referendum del
12 e 13 giugno 2011


iniziative verdi

Campagna referendaria contro il nucleare e sull'acqua bene pubbico
Le iniziative a Trento

   

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